la società dei devianti

martedì 14 ottobre 2014

LA SOLITUDINE DEI MODERNI MANICOMI



Marco Neirotti - La Stampa

“Stavolta ti tengo legata al letto un mese”.  “Qui nessuno vuole farle male, voglio solo capire come mai l’hanno portata in ospedale”. Due atteggiamenti si scontrano di fronte all’enigma della malattia mentale: quello dell’arcana paura e cieca reazione e quello del pacato comprendere. Era così prima di Franco Basaglia, è così dopo una rivoluzione radicale nel bene e nelle radicalizzazione di comodo, tradita dalla fretta sommaria della superficialità politica.
Fasce di contenzione e dialogo, colate di psicofarmaci e terapia della parola si spintonano nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura, i “repartini” ospedalieri, solitari avamposti della lotta alla follia, dove si affrontano le fasi acute dei disturbi, talora violente. Tra episodi della propria quotidianità e analisi degli studi sulla mente, sul sistema nervoso, sui farmaci, percorre i repartini Piero Cipriano in La fabbrica della cura mentale (Elèuthera edizioni), “diario di uno psichiatra riluttante”.
Troppo giovane per aver direttamente incontrato Basaglia ma non poer averne assimilato gli ideali di restituzione della dignità del malato, Cipriano attraversa come stanze di un castello kafkiano i manicomietti-lampo dove spesso – a fronte di esempi di abnegazione ed efficienza – sembra si sia abdicato al principio fondamentale – la sintonia con il sofferente – e ci si ritrovi, talora proprio malgrado, in un dispensario di sedativi e anttipsicotici, recuperando e rispolverando dalle antiche strutture cinghie per irriducibili e trasferimenti in case di cura dotate di apparecchi per l’elettroshock, quando si ritengano vani gli altri strumenti.
L’amarezza di queste pagine nasce dal constatare che se prima si finiva anche per una sciocchezza in lager perenni, oggi si transita in linee di montaggio dove in pochi giorni si coprono le falle più evidenti e si restituiscono al mondo, confidando nei Servizi di salute mentale del territorio, anime soltanto in superficie placate, lasciando inalterata, salvo realtà felici, la solitudine di malati, parenti, operatori stessi.

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