Chi non ha non è, ripeteva
Franco Basaglia, e si riferiva agli internati in manicomio. Il manicomio era
per i miserabili, per i ricchi c’era (e c’è) sempre un’altra possibilità. E
pure il carcere è per i miserabili, per i ricchi c’è sempre un’altra
possibilità. Gli psichiatri, gli psicologi, i medici legali, sono commessi, nient’altro
che commessi, tecnici specializzati al servizio del potere dominante. Idonei a
confermare, con le loro diagnosi, con le loro perizie, che i miserabili devono
stare in manicomio, oppure in carcere (carcere e manicomio sono
intercambiabili). Se però il carcerato è un membro della classe dominante, per
fare un esempio a caso, il primo che mi viene in mente, mettiamo che si chiami
Giulia Maria Ligresti, ecco che il tecnico, il commesso del potere si attiva
per farlo uscire. Come? Con la perizia. E con la diagnosi. La diagnosi
psichiatrica è quello strumento incerto (davvero straordinariamente soggettivo)
che diventa, tuttavia, parola scritta su pietra. Con una diagnosi psichiatrica
un individuo può essere obbligato alla cura. Oppure essere internato in un manicomio
criminale. Con una diagnosi psichiatrica una ricca signora esce di prigione.
Come?
Basta un lieve dimagrimento,
cinque chili sono più che sufficienti, per formulare la diagnosi di Disturbo dell’adattamento, ovvero, come
scrive un perito: “Un evento stressante più evidente in chi sia alla prima
detenzione, e in particolar modo per chi sia abituato a una vita
particolarmente agiata nella quale abbia avuto poche possibilità di formarsi in
situazioni che possano, anche lentamente, preparare alla condizione di
restrizione della libertà e promiscuità correlata alla carcerazione”. Il medico
legale dixit.
E Giulia Maria Ligresti, la
ricca inadatta al carcere, in virtù di questa perizia, è a casa.
Ora, per favore, l’amica di
famiglia guardasigilli Cancellieri provi a spiegarlo alle migliaia di
miserabili morti di fame ospiti delle patrie nostre galere, delinquenti abituali,
abituati per causa della loro miserabile estrazione alla “promiscuità e alla
restrizione della libertà correlata alla carcerazione”. E provi pure a
spiegarlo alle centinaia di persone che per causa della loro follia migrante
sono imprigionati nei Centri di Identificazione e di Espulsione, senza neppure
aver mai provato a frodare lo stato (come la ricca signora Ligresti) al solo
scopo di mantenersi elevato il proprio status. Provino, la paffuta ministra
guardasigilli Cancellieri, il giudice che ha disposto la scarcerazione, il
medico legale che ha redatto il referto, provino tutti insieme a spiegare al
mondo che i ricchi sono semplicemente inadatti al regime carcerario mentre i
miserabili, al contrario, lo sono.
Provino, con parole loro, a
spiegare i meccanismi del darwinismo carcerario, ci provino, che io non so
trovare le parole.
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