Ormai questo blog è diventato il
diario della resistenza alla scemenza. Oggi 18 aprile alle 18 sulle sponde dell’Isar,
Monaco di Baviera, Germania, decine di persone saggiamente distanziate prendono
il sole. In Italia invece i poveri runner o camminatori o stesi al sole devono
passare per criminali. Un tipo a Cattolica ha collezionato nove multe eppure
ogni giorno va a correre. Un altro a Palermo ogni giorno va in spiaggia a
Mondello, scendono gli elicotteri e gli fanno la multa, è alla quinta mi pare.
Io ho smesso di andare al parco. Il giorno di Pasqua e Pasquetta era
impossibile andare a correre al parco, gli elicotteri e magari i droni erano là
sopra a controllare, sarò pure Anarchik ma non fesso, e mica mi immolo per farmi
prendere dai segugi aerei. Come è capitato al povero mio omologo già
ribattezzato l’uomo della Caffarella, che ha fatto festeggiare con un tweet la sindaca sceriffa della Capitale, quella che ha istituito il Sistema
Unico di Segnalazione. Ne abbiamo pizzicato un altro,
dice la sindaca. Pizzicato, l’ha pizzicato. Allora per non essere pizzicato io pure, ho diversificato la strategia di resistenza
psicoanarchica al lockdown. Abito al Quadraro. A cinquanta metri dal
commissariato di Polizia. Un vantaggio anzichenò. Duecento metri ci concedono
di svago ginnico perché Jack non davanti un triste figuro? Sta bene. Vorrà dire
che orbiterò come un pianetino attorno a un’ellisse, dove uno dei due fuochi è
il palazzo dove abito, l’altro fuoco è il commissariato. La distanza del fuoco
dall’ellisse sarà duecento metri (abbondanti). Ho girato così, a Pasquetta,
passando, a ora di pranzo, in mezzo a decine di blindati che (non lo sapevo) si
fermavano proprio a quel commissariato per fare la pausa pranzo. Passavo in
mezzo a loro, i militi (carabinieri poliziotti finanzieri) mi guardavano, io li
guardavo, aspettavo proprio che mi fermassero purtroppo non mi fermavano, vuoi
perché era l’ora di mangiare e non avevano voglia di perdere tempo con questo
rompiscatole che correva in mezzo a loro proprio quando era ora di mangiare, vuoi
perché ero troppo sicuro di me chi altri avrebbe osato passare per decine di
volte in mezzo a loro, e la cosa gli suonava strana, come minimo avrà un
salvacondotto papale pensavano, vuoi perché erano in torto loro, lì assembrati
e la metà con mascherina abbassata e ero super pronto per far valere la mia
laurea in medicina per riprenderli, coglierli in fallo, ammonirli, fare tutto
uno sproloquio sulla differenza tra mascherina egoista quella
altruista e quella intelligente (l’unica che non avevano), stigmatizzarne il
comportamento criminale, potevano infettare me e infettarsi tra loro, che
diamine!
Così, a Pasquetta, tra le 13 e
le 14 ho corso 10,45 km attorno a un commissariato di Polizia e a decine di
blindati e di militi, purtroppo senza l’ebbrezza di violare la legge che ho
quando rompo i sigilli del parco.
Oggi invece, dopo aver da sopra
il ballatoio meravigliosamente esposto a est assorbito vitamina D solare a
volontà, all’una sono sceso, partito da via del Quadraro ho deciso che non
avevo voglia di fare dieci volte un periplo di un chilometro come a Pasquetta ma
mi sono allargato. Sceso su via Tuscolana, percorro la ciclabile per mezzo
chilometro, rientro per via di Lucio Sestio giro a sinistra su viale Spartaco
che percorro fino in fondo a incontrare il parco degli Acquedotti, lì sono
tentato di entrare entro non entro infine decido che non entro torno indietro passo
in zona Cossuto raggiungo via Luscino proseguo per via Erminio arrivo a Via
Selinunte zigzago tra le case abusive condonate di via dei Sulpici apprezzo la
bellezza incomparabile di questo quartiere ora ricordo perché lo scelsi per viverci mi allungo per via degli Opimani arrivo fino alla
piazzetta del Quadraretto decido a questo punto di tornare indietro visto che
sono già un cinque chilometri buoni, è chiaro che non è la stessa cosa è chiaro
che mi sto intossicando di polveri sottili perché le auto scorrazzano e la mia
asma maledirà finché campa la scemenza di chi ha decretato tutto ciò, il
parco alberato di 240 ettari chiuso e le vie carrozzate aperte, ma tant’è, vado
avanti, d’altra parte come lo vuoi aggredire il virus, se non rinforzando il
tuo sistema immunitario, stando dentro ingozzandoti di cibo e birra e
psicofarmaci e non spingerti oltre i duecento metri da casa? Un’istigazione
all’ingrasso!, proprio. Oggi leggevo che in questi mesi di epidemia si sono
ammalate più gravemente o sono morte le persone che già
avevano uno stato infiammatorio cronico, persone in sovrappeso, ipertesi,
diabetici, chi assume molti farmaci, chi già ha il sistema immunitario fragile
insomma. Be' gli esperti hanno suggerito il modo migliore perché tutti
diventino un po’ più fragili: obesi alcolizzati esauriti apatici. Bravi. Bravo
Burioni. Aspetta che ti arriva il Nobel, aspetta. Intanto faccio un altro giro
raddoppio e sono dieci chilometri. Arrivo a casa mi lavo e mi rimetto sul
balcone, che invece volge a sud, proprio su largo Spartaco. Dopo aver
sbocconcellato due arance (vitamina C) mi apro La chimera di Vassalli
(vitamina I). Parla di una povera donna, bellissima, di Zardino, che nel 600
viene bruciata per strega. Ieri sera ho iniziato a vedere Menocchio, la
storia del mugnaio eretico pure lui bruciato dall’Inquisizione. Alterno la
lettura di Vassalli con Storia notturna, una decifrazione del sabba, di
Carlo Ginzburg. Perché è tempo, questo, dei nuovi inquisitori. Ora non è più la
Chiesa ora è la Scienza che si è sostituita alla Chiesa in questo patto con lo Stato,
o con i deep stati, per imporre un pensiero unico. Chi non si allinea,
verrà fatto fuori.
Antonia, la strega di Zardino,
in realtà, non andava di notte all’albera per fare il sabba. Macché. Andava a
incontrarsi con Gasparo, il camminante. Chi erano i camminanti? E perché la
bellissima, indomita Antonia, si innamora proprio di un camminante? Ma perché erano
gli… “anarchici della campagna”, che avevano “perduto gli istinti sanguinari” ma
conservavano “l’odio per la servitù”.
“Donde vengono? Donde vanno? E’
un mistero”. “Qualche volta, tuttavia, anche la vita con le sue più grossolane
lusinghe li attrae; e allora compaiono improvvisamente in qualche osteria di
villaggio, gozzovigliano, cantano allegramente, ballano magari con le
compiacenti paesanelle, sprecano quel denaro che sdegnano di possedere, essi
che comandano a quelli che lo posseggono… E poiché osano sfidare la forza
pubblica… e scorrazzano per i campi e impongono condizioni ai proprietari e ai
fittavoli, per un desiderio rabbioso di vita libera, per un sentimento
d’orgogliosa fierezza, è naturale che il popolo delle campagne, pur temendoli,
li ammiri e che ammirandoli li aiuti. Camminano, camminano, di rado per le vie
maestre, spesso per i sentieri, ma per lo più, per uno strano simbolismo delle
cose, fuori da ogni via calpestata dal servil gregge
umano, dietro certe tracce misteriose seguite dal loro capriccio.
Camminano, camminano, sotto il solleone ardente o sulla neve gelata. E dopo
aver riposato qua e là, e aver chiesto e ottenuto di sfamarsi col frutto di
quella terra di cui si sentono non servi ma padroni, camminano ancora”.
Questo scritto non è di Sebastiano
Vassalli ma del Massara, uno scrittore del tardo Ottocento da cui Vassalli
prende e io prendo da Vassalli e chi vorrà prenderà da me.
Mi domandavo, mentre correvo tra
le case del mio quartiere, cosa avrebbe pensato Gasparo Boso detto il Tosetto
vestito di abiti appariscenti e volgari brache aderentissime per evidenziare
(qui è Vassalli che scrive) “ciò che oggi si chiamerebbe il bozzo” ma che
allora si diceva “la bottega”, e che portava appesi alla cintura un
coltellaccio e un pistolese, e con in testa un cappello piumato che non era un
cappello da pìcaro, che il camminante non è mica un pìcaro che cambia
condizione come niente fosse, “oggi mendicante domani servo di un principe, un
camminante è camminante e basta”, cosa avrebbe pensato, mi domandavo, mentre
facevo i miei soli dieci chilometri, del servil gregge umano di questi
tempi? Avrebbe riso o avrebbe sputato in terra all’immunità del gregge, alla
paura di morire che istupidisce il gregge umano?
Sebastiano Vassalli, La notte della cometa. Dino Campana
RispondiEliminagrazie moltissimo, lo cerco
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