Le leggi ingiuste, criminali, o
stupide, vanno trasgredite. E’ la prima regola, per non diventare Eichmann. La
prima regola per non cadere nella banalità del male. E così pure oggi, dieci
aprile 2020, quasi quarantesimo giorno di quarantena, o di lokdown come si suole
dire, sono andato, io solo, a correre nei 240 ettari del parco degli acquedotti
romani. Io e gli animali del parco. Ho saltato i sigilli dei poliziotti
municipali e mi sono inoltrato. Sapevo che la corsa ci regale le endorfine
perché ci riporta alla dimensione ferina di quando eravamo ominidi, si correva,
allora, per cacciare o per sfuggire ai predatori, io oggi mi sento un po’ preda
dell’eventuale poliziotto municipale appostato nelle frasche, un po’
cacciatore, predatore della stupidità di questi tempi. Corro e porto con me l’anima
di Gerardino Caso da Mirabella Eclano, a pochi chilometri dal mio paese avito,
si è impiccato all’inizio del lockdown, quando i runner sono diventati i
capri espiatori dell’imbecillità dei politici al comando. Anni di
depauperamento del servizio sanitario nazionale, anni di sciacallaggio della
scuola diventata un pollaio per polli, e all’improvviso la colpa dei morti era
di Gerardino Caso, e Gerardino Caso non ci sta, e con un gesto titanico si
impicca, e io me lo porto con me, in tutte queste corse ossessive,
ossessionate, compulsive, coatte quasi, mi sono imposto di correre anche quando
la schiena mi doleva, non ho mai corso tanto in vita mia come in questi
quaranta giorni in cui è stato proibito correre, ho corso per me, si capisce, e
ho corso per Gerardino Caso. E corro per i piccoli Eichmann, ma non gli
Eichmann con la maiuscola, ma i tanti eichmann con la minuscola che si sono
presto adattati a non avere, più, nemmeno la libertà di movimento. Correvo per
la piccola eichmann che mi scrisse che dovevo vergognarmi a
strumentalizzare la morte di Gerardino Caso. Era per colpa sua, era per colpa
della piccola eichmann, per il suo giudizio morale, per il suo
severo #devi-restare-a-casa che Gerardino Caso e altre persone fragili, con
l’esistenza borderline, ma proprio nel senso letterale di costantemente al
limite tra il farcela e il non farcela, si era ucciso, sarebbe bastato che il
proprio psichiatra, se non fosse stato un piccolo eichmann, gli avesse redatto un
certificato, un permesso di uscire, un permesso di correre con le dovute
precauzioni e distanze, be’, Gerardino Caso e molti altri come Gerardino Caso
non si sarebbero uccisi, in questi maledetti quaranta giorni che hanno cambiato
le nostre vite.
Mentre corro guardingo, non è più la corsa dissociata di un
tempo, non c’è spazio per entrare in un altro stato di coscienza, restare tutto
il tempo guardingo dovesse uscire il predatore, ripenso alle molte lettere
ricevute in queste settimane da chi legge questi scritti.
Ciao, grazie per l’amicizia e
soprattutto grazie per gli articoli che hai scritto da quando è iniziato questo
delirio... Ti ho conosciuto così, leggendo uno di tali articoli. Io vivo a X, una delle province con le misure più restrittive di tutte. Sono una libraia,
per cui non posso uscire nemmeno per andare a lavorare. Ho un parco enorme a
300 metri da casa ma ne è vietato l’accesso (vivo
in centro ed è sempre pieno di pattuglie). Abito in una mansarda senza
terrazzi, ho solo due finestre con le inferriate... Soffro da sempre di
depressione e per me la passeggiata solitaria e la luce del sole sono veramente
un’esigenza
vitale. Ho chiesto alla mia psichiatra/psicoterapeuta se poteva farmi un
certificato, ma mi ha risposto di no, “perché viene
prima la salute pubblica”! Eh, mica tutti ragionano come te. Io
francamente mi sento di impazzire, soprattutto perché hanno già iniziato a dire
che prorogheranno le misure fino a metà maggio... Non so manco perché ti
scrivo, forse perché non trovo altre voci ragionevoli in giro... Perché l’ordine degli
psichiatri e quello degli psicologi non si uniscono per chiedere e rivendicare
delle cose, tipo il diritto a una camminata? A me questa situazione sembra
totalmente assurda...
Le rispondo che lo è, in
effetti. Non so neppure io perché gli psichiatri siano così accondiscendenti,
tutti, anche coloro che si professano basagliani, rispetto a queste misure. Non
vedo che cosa gli costi, formulare un certificato, che uno si possa
portare con sé, da esibire al poliziotto ansioso di multare. Magari poi la
multa, se è zelante, se è un esecutore ottuso, la fa lo
stesso, ma magari no, se ha un briciolo di buon senso. Che posso dirti: tieni duro.
Intanto, l’avvocato degli italiani si è dotato di un bel po’
di consulenti in più, adesso, a parte gli esperti di contagio, ha messo in squadra
il mio amico Fabrizio Starace, l’unico psichiatra, in questa ventina di cervelli
di scienziati che compongono la nostra nuova democrazia, ormai siamo governati
(in barba a Feyerabend) da una espertocrazia. I politici decretano legge il parere degli esperti. Fabrizio Starace è, probabilmente, il migliore psichiatra
che potesse entrare a far parte di un collegio di esperti. Cinque anni fa io e
lui eravamo i due vice portavoce del Forum della Salute Mentale (portavoce Vito
D’Anza), il resistente vascello degli ultimi basagliani. In cinque anni lui è
consigliere del premier e io un pirata che infrange i decreti. Mi compiaccio della mia anti-carriera. L'anti-carriera dello psichiatra che si dissipa come soggetto di sapere/potere e si avvicina, progressivamente, al sapere/non potere degli esclusi. E' per questo che corro contro-legge, portando con me Gerardino Caso. Non so che cosa
potrà mai fare, uno psichiatra, seppure basagliano, messo al governo, questo
governo. Non vorrei essere al suo posto (anche perché in quel posto non ci
saprei stare).
A fine corsa, nel punto di
uscita del parco, un’auto dei vigili mi aspettava. Evidentemente il Sistema Unico
di Segnalazione romano (che cosa indecente) aveva funzionato. Qualcuno aveva informato che un uomo,
vestito di nero, con mascherina nera, forse era Anarchik di Roberto Ambrosoli
(correvo anche per lui, morto da pochi giorni, e per il suo Anarchik) si era
introdotto nel parco. Mentre mi preparo a uscire so che se mi fermeranno non
contesterò, pagherò la multa, 500 euro una parte del mio stipendio di medico,
cinque giorni di lavoro in ospedale a combattere il virus, regalato al comune
di Roma per questo suo modo poco intelligente di combattere il virus. Non si potrebbe impiegare meglio gli agenti municipali? Portare cibo ai senza casa, invece di rincorrere me? Ma prima dovranno
prendermi. Lascio passare la Panda, le sbuco dietro, non fa in tempo a girarsi,
io esco dal parco, mi infilo nelle vie del Quadraro che mi riportano a casa. La
maschera nera che mi copre il volto mi fa sentire davvero Anarchik.
Anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia nella libertà. Bravo Piero
RispondiEliminacerto
EliminaBellissimo e amarissimo pezzo. Siamo in tanti"borderline", in tanti ribelli a libertà vigilata, disagiati in una società sempre più "sanificata&asettica". Un tempo si esprimeva con olio di ricino e manganello, oggi con camice bianco e tampone. Ti ho scoperto casualmente un mese fa su Facebook eda allora ti leggo molto volentieri. Grazie, cordiali saluti libertari. Francesco Cannarozzo
RispondiEliminagrazie a te francesco
EliminaGrazie Piero, noi famiglia con cane tutti i giorni camminiamo attorno ad un casale della campagna romana adiacente al nostro quartiere periferico, distanziati e giocando anche noi a guardia e ladri con la municipale, polizia, carabinieri e delatori di turno...da oggi lo faremo ricordando Gerardino Caso. Noi lettori della rivista "A" e soprattutto dei tuoi bellissimi libri.
RispondiEliminaUn abbraccio,
Federico, Flavia, Valentino e cane Sky.
Catartico. Una voce libera e assennata nel maelstrom di urfascisti malmostosi che condividono la libido dell'indignazione.
RispondiEliminaanarchismo antidoto all'urfascismo
EliminaMi sento meno sola leggendo i tuoi scritti. È quasi impossibile trovare una mente libera che accolga le posizioni che vanno "contro il ben pensare" che ormai è diventato "non pensare". Grazie Piero continua a correre e continua a scrivere
RispondiEliminafinché c'è fiato bisogna fiatare
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